lunedì 9 gennaio 2012

Quando i costruttori piangono.

Fino ad alcuni anni fa c’era chi si lamentava che le amministrazioni locali prestavano poca attenzione alla periferia.
Purtroppo in seguito, dove è capitato che l’attenzione l’abbiano prestata, quelle aree sono state letteralmente devastate con delle oscenità costruttive.
Si registra da tempo infatti un incremento preoccupante delle superfici cementate a scapito delle aree agricole, questo sia per responsabilità del Comune di Trieste come dei piccoli comuni  del territorio che hanno completamente dimenticato la sapienza insediativa del passato, quando  l’espansione dei villaggi avveniva  a ridosso dei nuclei primogeniti dei villaggi stessi  su terreni non fertili e rupestri proprio per risparmiare al metro quadrato le superfici fertili.                                                                               
Questa metastasi cementifera ha invaso una parte considerevole del territorio carsico, circa il 40% del quale, è sottratto oggi alla sua evoluzione naturale ed è completamente sottoposto al controllo umano.                                                                                                                                                 
Non c’è stata finora una programmazione riguardo all’efficienza energetica, ignorando che in altre città si sono iniziati a edificare tetti verdi che costituiscono uno schermo protettivo nella perdita di calore da parte degli edifici e contribuiscono all’abbattimento del CO2                                                                                                                                                    
 Il paesaggio continua a essere massacrato e questo atteggiamento viene in contraddizione con l’aspirazione del rilancio di Trieste come città turistica,  appare evidente che  questa cementificazione del paesaggio non è compatibile con il rilancio di un turismo che non sia quello domestico localizzato, di basso livello e non culturale.                                                                      
Ci troviamo di fronte a una sovra crescita urbana, dove a fronte di un calo della popolazione c’è un aumento preoccupante dell’edificato, soprattutto di tipo residenziale dovuta non a una grande quantità di richiesta abitativa ma semplicemente spinta dalla pressione messa in atto dai costruttori nei confronti dell’Amministrazione Comunale.     
 Tutte le zone periferiche che già in epoca precedente erano state esposte alla edificazione sono state ulteriormente frammentate, ridotte ai minimi termini, non capendo l’importanza fondamentale del rilancio, soprattutto in questo momento quando tutti parlano della filiera corta, della produzione che si lega di nuovo alle zone di consumo.   
Per il patrimonio forestale che costituisce un privilegio della città che è circondata da questa fascia boschiva il cui lascito lo dobbiamo alla casa d’Austria, non c’è un piano sul come gestirli e riqualificarli per poi inserirli in un circuito di fruibilità.                                                                                                     
Non  si è ancora percepita l’esigenza di quella che in ecologia del paesaggio viene chiamata priorità ambientale, cioè tutto quel complesso di aree semi verdi, semi naturali, che una espansione urbanistica lascia alle proprie spalle soprattutto nelle aree marginali e nella interfaccia tra città e campagna. che
Questa priorità verde viene completamente cementificata e riempita. Non ci sono spazi attraverso i quali percepiamo l’ambiente naturale ed è una grave perdita sul piano psicologico e della educazione motoria spontanea dei bambini.
Ormai tutti portano i bambini nelle palestre, le cosiddette “campagnette”  vengono totalmente eliminate da questa inutile espansione della città.
Non c’è la cultura necessaria per una precisa gestione delle vegetazioni aperte, dei prati e pascoli che rimangono all’interno dell’area comunale, alla funzione dei corridoi ecologici che sono fondamentali per garantire la libera circolazione del flusso di specie animali che sono necessari dappertutto ma soprattutto dove a causa dello sviluppo edilizio anche necessario alla vita di una comunità gli habitat naturali risultano particolarmente frammentati e richiedono  particolare attenzione nel ricreare una ricostruzione della connettività del territorio.
Si continua a lasciare costruire in ogni area disponibile  dimenticando completamente le disposizioni della legge forestale che fa divieto di costruire a ridosso dei boschi, per cui poi a cose fatte non potendo fare arretrare le case diventa necessario allontanare il bosco. 
La caratteristica geografica peculiare delle aree mediterranee che caratterizzano il nostro Carso prevede specialmente nella zona costiera dei terrazzamenti che sono ampiamente abbandonati e stanno franando dappertutto a cui nessuno pone mano, poi la funzione delle doline, si costruisce nelle doline anche qui dimenticando la funzionalità delle stesse.
Tutto viene pensato e programmato per soddisfare gli interessi di alcuni.
Diceva De Gasperi; “lo statista pensa alle generazioni future, il politico alle prossime elezioni”.
Il vero problema è che coloro sono chiamati a gestire il bene comune non sentono nemmeno la necessità di fare le cose a scopo elettorale, basterà semplicemente che in campagna elettorale spartiscano bigliettini e ottimismo e per altri cinque anni avranno il semaforo verde.

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