lunedì 20 febbraio 2012

Luciano Rapotez - La giustizia negata

Pestato ed arrestato 44 anni fa per un delitto mai commesso: non m' arrendo (questo articolo  è stato pubblicato nel 1999).                                                             
              Le fotografie di Fulvio Covalero sono state scattate il 20/02/12

Innocente, 31 processi: niente risarcimento.



Luned' 20 febbraio 2012 - Trieste, Museo Revoltella.
Luciano Rapotez alla presentazione dell'ultimo libro nel quale viene raccontata la sua lotta contro uno Stato e una giustizia, da oltre mezzo secolo latitanti.

fotografia di Fulvio Covalero

 Non una lira! Asserragliato dietro barricate di articoli, codicilli, paragrafi, commi e subordinate, lo Stato italiano aspetta impavido l' ultimo assalto: il vecchietto non passera' ! 


fotografia di Fulvio Covalero


Ormai e' una guerra frontale: da una parte la bellicosa macchina giudiziaria decisissima a non pagare per i propri misfatti, dall' altra Luciano Rapotez, un ometto di 80 anni, mite, gentile, afflitto da un mucchio di dolorini causati da tre giorni di torture e tre anni di galera, decisissimo a non concedere al nemico il piu' atteso dei regali:


fotografia di Fulvio Covalero


"Non muoio, perdio! Finche' non me la danno vinta non gli faccio il piacere di andarmene".
"Dopo 44 anni io non ho avuto una lira" Perche' lui, 44 anni dopo esser stato ingiustamente arrestato, pestato a sangue e sbattuto dentro con l' accusa di avere ucciso un orefice, la fidanzata e la domestica in una rapina agli sgoccioli della guerra, non ha avuto neppure quei 24 miserabili milioni appena ottenuti per 13 giorni in cella da Gigi Sabani o quei cento presi per tre mesi di carcere dall' ex Guardasigilli Clelio Darida.




fotografia di Fulvio Covalero


Pezzo su pezzo, il vecchio ha strappato brandelli di verita' : hanno dovuto riconoscergli che si' , era stato torturato. Che si' , la carcerazione era stata ingiusta. Che si' , avrebbe avuto diritto al risarcimento. Ma purtroppo, ormai... I tempi... La prescrizione...


fotografia di Fulvio Covalero


fotografia di Fulvio Covalero


Trentuno passaggi processuali ha avuto, fino ad oggi, la guerra di resistenza dello Stato contro il Luciano. Quarantadue magistrati. Venti anni di rinvii vari. Sette sentenze. Una delle quali merita di finire nella galleria delle mostruosita' : "Quand' anche fosse provata la commissione (della tortura) da parte dei funzionari di polizia, di quegli atti che avrebbero causato i lamentati danni, tali atti non avrebbero potuto imputarsi alla pubblica amministrazione perche' non rivolti ai fini istituzionali di uno Stato democratico, sibbene ai fini personali ed egoistici di chi li pose in essere".


fotografia di Fulvio Covalero


fotografia di Fulvio Covalero
Luciano Rapotez, la sera del ' 55 in cui trovo' due poliziotti sotto casa, aveva 35 anni, era sposato, aveva due figli. Chiese ai due cosa volessero. Gli risposero spingendolo con la pistola alla schiena verso la Questura, gli sibilarono al primo angolo "scappa, filatela via..." ("avevo fatto il partigiano, capii che volevano spararmi..."), lo portarono alla Mobile e lo sottoposero a quello che gli stessi giudici avrebbero definito un "interrogatorio pressante": 94 ore di fila senza bere una goccia d' acqua, 97 senza mangiare una sola galletta, 104 senza potere chiudere gli occhi, con una lampada incandescente accesa in piena faccia. E poi le scariche elettriche, i pestaggi, la messa in scena di un finto suicidio:
"Eravamo a Trieste, tirava un' aria brutta contro i "rossi", avevo fatto il partigiano con le Brigate Garibaldi, avevo un cognome sloveno. Ero "perfetto", come colpevole da dare in pasto alla citta' appena riconsegnata all' Italia.
Alla fine avrei confessato anche d' avere ammazzato Giulio Cesare". Era innocente. Assolto da un verdetto che riconosceva il "trattamento violento", le "sevizie", le "confessioni estorte", usci' dal carcere che era finito: persa la moglie che se n' era andata credendolo un assassino, persi i figli, perso il lavoro.
Schifato, pianto' l' Italia e se ne ando' in Germania. Per rifarsi una vita. Di tanto in tanto mandava una lettera che chiedeva giustizia ai presidenti della Repubblica, da Saragat a Leone a Pertini, ai capi di governo, ai presidenti di Camera e Senato, ai ministri di Grazia e Giustizia. Ricevendo sempre risposte simili a quella che gli invio' nel ' 77 Paolo Bonifacio: "Risulta evidente che la domanda di riparazione dei danni conseguiti alla carcerazione preventiva sia assolutamente priva di fondamento allo stato della vigente legislazione". Insomma: non c' era la legge sul risarcimento per gli errori giudiziari, ne' quella sulla responsabilita' dello Stato per i reati commessi dai propri funzionari.
Varata la legge, presento' ricorso. Era il 1979. Venti anni fa. Gli dissero: troppo tardi, le torture sono in prescrizione. Ma ci voleva altro, per scoraggiare il vecchio Rapotez.
Marca da bollo dopo marca da bollo, ricorso dopo ricorso, arrivando fino in Cassazione per poi ripiombare in Appello e di nuovo in Cassazione e di nuovo giu' in Appello, l' anziano garibaldino e' riuscito a far sputare a questo suo Stato che nonostante tutto continua a rispettare col rigore di certi nipoti del vecchio impero asburgico, una serie di ammissioni (la tortura, la responsabilita' civile della macchina pubblica, il diritto al risarcimento...) compresa la piu' importante: la nullita' della prescrizione. I tempi di scadenza, infatti, ha riconosciuto la suprema corte, furono bloccati da quelle lettere di protesta.


fotografia di Fulvio Covalero


Era ormai quasi fatta, un paio d' anni fa, quando il diavolo decise di metterci pure lui la coda: lungo la strada da Roma a Milano, dove sta l' avvocato di Rapotez, Stefano Taurini, l' ennesima sentenza (favorevole) della Cassazione spari' ,
i tempi per il nuovo ricorso decaddero, la rincorsa febbrile fu inutile e il procedimento fu dichiarato estinto.




Pazienza, disse il vecchio testone: "Ricominciamo da capo". E qui, si fa per dire, viene il bello. Sapete cosa gli ha risposto l' Avvocatura dello Stato per mano del giudice istruttore Alberta Beccaro? Tenetevi forte: assodato che non c' e' prescrizione dal 1955 al 1979 quando fu presentato il ricorso, i tempi utili sono scaduti di nuovo: dal 1979 in qua. Ma come: e i 31 passaggi giudiziari? Non bastano 31 passaggi giudiziari a interrompere la prescrizione? No, ha risposto il giudice con un linguaggio che vi risparmiamo: manca una lettera formale che chieda il risarcimento. 
Stella Gian Antonio
Pagina 001.017
(7 ottobre 1999) - Corriere della Sera

sabato 18 febbraio 2012

Abbiamo finito gli anziani 2 - Casa Bartoli o Serena?

Ogni tanto spunta qualcuno che "fa la punta" sul fatto che si tratta di Casa Serena o Casa Bartoli.
Il problema pare sia tutto qui.
Questa struttura è stata costruita a questo punto circa cinque anni fa, il primo piano è adibito a "magazin de strafanici" mentre gli altri piani sono vuoti.
Tuttto normale? Si, a Trieste si!

Clicca qui per vedere il filmato

Hotel Obelisco - altro che rigassificatore!

http://www.youtube.com/watch?v=2GXx9aO3bEc

Abbiamo finito gli anziani 1 - Casa Don Marzari buttata via.

http://www.youtube.com/watch?feature=endscreen&NR=1&v=8oqLR0i296Q

La moltiplicazione dei pani, dei pesci e dei metri cubi!


http://www.facebook.com/video/video.php?v=1870311720080
L'area è decisamente particolare, si trova proprio dietro la Curia Vescovile.
Sarà probabilmente l'influenza del luogo che ha consentito che si verificasse questo che si può definire "miracolo urbanistico"
Di un vecchio garage si tiene in vita con un autentico accanimento terapeutico il portale d'ingresso. per il resto si raddoppiano e forse anche si triplicano le volumetrie pur definendo l'operazione: ristrutturazione.
Questo filmato è stato ripreso questa estate, ora il portale sta affogando tra nuove colate di cemento.ed è ormai destinato a scomparire.
In sintesi una trasposizione in chiave moderna della moltiplicazione dei pani e dei pesci!

giovedì 16 febbraio 2012

L'Ater si porta avanti con il lavoro.

Nell'attesa (estenuante per chi aspetta) che si decida a consegnare gli alloggi qui come in altri punti della città pronti da mesi.
LAter ha già affittato, consegnato questi locali che sembrano fatti apposta per ospitare una palestra e infatti palestra è!
Ci informeremo chi è il fortunato assegnatario volante e per saperlo ci arrangeremo come sempre, pagando coi soldini che abbiamo in tasca.
Magari se di queste stranezze si occupasse la politica locale sarebbe "molto migliore" ma adesso c'è questa novità delle foibe, dell'esodo e dei beni abbandonati che assorbe tutte le energie.


martedì 14 febbraio 2012

Non troveremo mai un fine per la Nazione - Robert kennedy

Non troveremo mai un fine per la Nazione, ne una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni.

Non possiamo misurare lo spirito nazionale sull’indice Dow Jones, ne i successi del Paese sul prodotto interno lordo.

Il P.I.L. comprende anche l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette e le ambulanze per sgomberare le nostre autostrade dalle carneficine dei nostri fine settimana.

Il P.I.L. mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle.

Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini.

Cresce con la produzione di Napal, missili e testate nucleari.

Si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri  si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il P.I.L. non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago.

Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori famigliari.

Il P.I.L. non misura ne la nostra arguzia ne il nostro coraggio, ne la nostra saggezza ne la nostra conoscenza,  ne la nostra compassione ne la devozione al nostro Paese.

Misura tutto il P.I.L.  eccetto quello ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.

Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.
                                                                                                                   


                                                                                                             Robert Kennedy

Ambriabella - patrimonio triestino

L'Ambriabella, ha portato per mare mezza Trieste di qualche decennio fa, ora è abbandonata e aggredita dalla ruggine, attraccata al canale navigabile.
Potrebbe diventare un ristorantino in riva al mare, ma non ditelo ai mediocri, potrebbero temere che succeda veramente!



venerdì 10 febbraio 2012

Carso - Riscatto dalla povertà




Un libro da leggere per capire l'origine gli usi e costumi della comunità del Carso.


Carso - Riscatto dalla povertà è la storia di una famiglia di poveri contadini dell'altipiano del Carso e di come questa visse i grandi mutamenti portati dall'industrializzazione e dalla modernizzazione. Il libro ricostruisce accuratamente e in modo vivo la storia di gente umile ed analfabeta che della propria esistenza lasciò ben poche tracce.
Con l'avvincente racconto delle vicende della famiglia Žužek, Davis compie un'attenta analisi dei mutamenti sociali che accompagnarono il riscatto dalla povertà dei contadini.
Nel Medioevo i primi Žužek erano servi della gleba dei signori del vicino castello di Duino. Due secoli fa gli Žužek vennero emancipati dalla servitù della gleba, ma per altri cento anni essi continuarono a essere analfabeti e a vivere nella miseria. Negli ultimi decenni essi hanno abbandonato la terra.
In ciascun capitolo Davis si sofferma sui modi in cui gli Žužek risposero a vasti cambiamenti sociali: come, per esempio, essi videro la fine della servitù della gleba, e in che modo essa incise sulle loro possibilità di procurarsi i mezzi di sostentamento; in che modo i cambiamenti nella dieta, nell'edilizia e nella medicina ridussero il numero di morti infantili; gli effetti che il loro passaggio dall'attività agricola ad altri tipi di lavoro ebbe sulle relazioni fra mariti, mogli e figli; in che modo essi sopravvissero durante la Seconda guerra mondiale; e in che modo la prosperità del mondo industriale che ebbe inizio negli anni '50 influì sulla loro vita. E mentre Davis analizza le reazioni degli Žužek a questi avvenimenti, li inserisce in un contesto attinente all'esperienza storica di milioni di persone.
Per quanto riguarda le fonti della materia, Davis non si è valso soltanto di fonti scritte, come documenti di castelli, registri parrocchiali, rapporti di esattori delle tasse, diari di viaggio e registri di polizia, ma ha anche intervistato gli Žužek viventi e molti anziani abitanti di villaggi che ricordavano il Carso come esso era alla vigilia dei grandi cambiamenti del ventesimo secolo.

Trieste fur per fur







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