mercoledì 1 febbraio 2012

Signor Presidente della Repubblica - di Paolo Rumiz

Signor Presidente
vorrei parlarle del “tappo” che le ferrovie italiane stanno mettendo alla locomotiva del Nord. E' un tema di cui non si parla perché i politici non vanno in treno, e forse non ci vanno nemmeno i gestori del servizio. I politici, i boiardi di Stato e i grandi dell'economia non sanno cosa significhi impiegare due ore e dieci tra Venezia e Trieste. Io, che sono triestino e ho speso infiniti giorni della mia vita su quei binari morti solo per restare attaccato al mio Paese, lo so benissimo. E ogni volta che salgo su quella tradotta mi dico: ma come, per avere la mia città l'Italia ha speso la vita di 600 mila ragazzi e ora la tiene a sé con un unico doppio binario percorso da treni di lentezza esasperante?
Le diranno che la causa di questo è il confine infelice che circonda la città “cara al cuore”. Io dico di no. La causa è la politica di Trenitalia. Vede, Presidente, oltre quel doppio binario, non esiste più niente. Tutto il resto di quella che fu una rete gloriosa ed efficiente (in gran parte austriaca) è stato disattivato, smantellato, venduto. A quasi un secolo dalla Grande Guerra, ora che gran parte delle barriere sono cadute con i Paesi vicini e la città che fu porto di un impero si ritrova nuovamente al centro d'Europa, proprio ora assistiamo allibiti alla rottamazione di un patrimonio su cui costruire il futuro non solo di Trieste ma dell'intera economia del Nord, priva di vettori commerciali verso il Danubio. La rete che ancora collega l'Italia a quel retroterra, lo stesso che fece la fortuna della mia città, non solo non viene riattivato ma viene tolto dalla mappa ferroviaria d'Europa.
Abbiamo appreso che il capo di Trenitalia Moretti verrà a Trieste per liberare la città dagli ultimi ferri “inutili” e dai suoi ostinati progetti di futuro. Ma è da anni che, con la parola d'ordine “rete snella” ci tolgono binari di precedenza, ci declassano fermate, ci riducono all'osso gli scali merci, ci degradano a raccordi industriali linee importanti transfrontaliere, ci svendono caselli e piccole stazioni, lasciando le altre alle ortiche. Non c'è stata misericordia. Persino la stupenda stazione di Miramare, quella dove Massimiliano d'Asburgo scendeva dal treno imperiale per raggiungere in carrozza il vicino castello sull'Adriatico, si è vista estirpare i binari di sorpasso indispensabili all'efficienza della linea.
Oggi si vuole vendere anche la stazione di Campo Marzio, fino a ieri la porta dell'Istria e della Dalmazia, “gate” velocissimo per Vienna e la Baviera sulla direttrice cosiddetta “Transalpina”, e questo proprio nel momento in cui si delineano i progetti di riattivazione delle linee frontaliere, abbondantemente finanziati da Bruxelles. I rottamatori se ne fregano. Tolgono di mezzo tutto ciò che va oltre la nuda linea Trieste-Monfalcone. Persino al magnifico museo ferroviario, gestito da volontari senza l'ausilio di soldi pubblici, è stato intimato lo sfratto con l'imposizione unilaterale di un affitto scandaloso. Glielo dico perché Lei non è solo il tutore della memoria nazionale, ma anche del paesaggio italiano. Un ruolo-chiave che le è affidato dalla Costituzione.
Ci pensi: un secolo fa con una sola coincidenza si andava a Praga, Cracovia e Stoccarda. Anche col fascismo molti collegamenti vitali rimasero, e ancora trent'anni fa, con la cortina di ferro di mezzo, sul Carso transitava il Simplon Orient Express diretto a Istanbul. Sui “wagon lit” negli anni Settanta potevi andare a Parigi, Genova, Roma, Budapest, Belgrado. Oggi si va solo a Udine e Venezia. Sugli orari ferroviari non c'è più altro. Per Trenitalia la Nazione finisce a Mestre. E la città, per avere la quale si sono spese 600 mila vite, è diventata binario morto.
E' maledettamente facile, in questa situazione dire: “ridateci l'Austria”. Le nostalgie non mancano ed è bene che sappia che non sono nostalgie infondate. Prima della Grande Guerra, c'erano non una ma tre strade di ferro per l'Europa: una via Lubiana-Graz, una via Pontebba e una via Gorizia-Villach, linea che avvicinava la Germania di 250 chilometri. Oggi è rimasta solo la seconda. Alla chetichella, due mesi fa, è stato tolto il treno fra Trieste e Lubiana. La linea di Gorizia è chiusa dai tempi della guerra fredda, anche se i binari esistono ancora. Tutto è finito: niente per l'Ungheria, niente per Zagabria, niente per l'Istria, per Fiume e Dalmazia. Persino i treni storici si sono visti sbarrare la strada da e per la Slovenia a causa degli aumenti tariffari decisi da Trenitalia su questo confine. Trieste non è più al centro di niente.
Ma il confronto più deprimente è quello che riguarda Vienna. Nel 1915 c'erano dodici treni al giorno nei due sensi, e tutti diretti. Oggi nessuno. Oggi per arrivare devi sottoporti a due cambi, a pagare tre diversi biglietti e percorrere una tratta in pullman tra Udine e Villach. Un viaggio così lento e umiliante che due mesi fa, per incontrare il borgomastro di Vienna, il sindaco di Trieste ha voluto sperimentarlo di persona, solo per sentire fino in fondo l'emarginazione della sua città. Trieste, ovvero “the meaning of nowhere”, come ha scritto l'inglese Joan Morris. Ma ripeto, non è solo questo il punto. Il grave è che, in silenzio, si inibisca il futuro di linee vitali per lo sviluppo della nazione.
Trieste è una città civile, ordinata. Così civile e ordinata che non si è esitato a deprivarla a cuor leggero di ciò che era suo. In Italia funziona così, i tagli si fanno non là dove servono, ma là dove – per senso dello Stato – la gente è più obbediente. Così vincono i furbi, e quelli che scendono in piazza. Ma non è detto che questa remissività continui. Oggi la crisi può fare da detonatore di molti malumori. La gente ha perso la pazienza di fronte alle ingiustizie e alle ladrerie. Per questo è importante avere una sua risposta. Trieste interessa ancora all'Italia? E come si fa a parlare di politica estera se qui si tagliano le strade dell'Est e del Nord, vitali all'economia di tutto il Nord Italia? Come può un'unica azienda decidere del supremo interesse nazionale?

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.