martedì 1 gennaio 2013

Villa De Rin

 
30 dicembre 10.37.40
L’ attuale azienda agricola Tomsich e la vecchia azienda Agricola De Rin

Premetto che non sono d'accordo su alcuni passaggi di questo racconto.
Con questo non voglio dire che non si racconti il vero ma semplicemente che io sentito su certi fatti una versione diversa che nei prossimi giorni cercherò di pubblicare.

Nella fotografia la villa De Rin, a monte della Strada Nuova per Opicina, vicino alle “Beatitudini”.
Qui - grazie ad un comune amico che me l’ ha segnalata - racconto la storia di un’ azienda agricola triestina che ha - per così dire - scavalcato cinquecento anni di storia.
La storia inizia nel Cinquecento: Trieste ha appena subito nel 1508 l’ ultima occupazione veneziana. Una occupazione di breve durata perchè già l’anno seguente la Repubblica Veneta, sconfitta dall’ Imperatore d’ Austria, fu costretta a ritirare le sue forze dal confine orientale abbandonando tutte le conquiste fatte da Trieste a Fiume, da Gorizia a Postumia. Nel decennio tra il 1510 ed il 1520 anche i Turchi scorrazzarono in Istria e nei dintorni di Trieste distruggendo e devastando Rozzo, Semi, Draguccio, Colmo, Castelnuovo d’ Istria, Mune, Obrovo, Matteria, Racia, Bergozza, Moncalvo e Varmo e minacciarono più volte anche la stessa città di Trieste. I triestini però si difesero molto bene ed in uno di questi combattimenti contro i Veneziani riuscirono addirittura ad impossessarsi per l’ ennesima volta del Castello di San Sergio (vedi il post relativo – n.d.a.) e tentarono di recuperare le fortificazioni di Ospo ed espugnare la torre di Pupecchio. In questo periodo terribile attorno all’ anno 1520 aggravato anche dalle epidemie di colera, alcune famiglie di triestini decisero di rifugiarsi sui pendii del costone carsico triestino sopra il borgo di San Giovanni che allora si chiamava Guardella o Vardella, cioè vedetta. Là trovarono una situazione di riparo contro gli invasori ed acqua risorgiva che gli preservava dal terribile imperversante colera e vi costruirono un insediamento. I coloni cominciarono a coltivare tutto il territorio che si espande dall’ attuale cava Facanoni ai pendii del Monte Radio, impiantando viti, cereali, frutta e verdure varie che poi portavano nella vicina città e la mercanteggiavano con le masserizie a loro necessarie. Poi già alla fine del Seicento molti nobili triestini, tra cui i De Marchesetti, acquistarono le proprietà dai coloni e ne fecero una delle loro residenze. La proprietà dei Marchesetti constava di un vasto vigneto il quale venne denominato in seguito con il nome di “Marchesettia”. Esso si estendeva nella zona a monte della Strada Nuova per Opicina dopo la curva Faccanoni fin sopra le cave di arenaria. Con tale nome venne intestata in data 22 aprile 1807 la particella tavolate 234 di Guardiella.
La proprietà passò poi a Vittorio De Rin, essendosi questi sposato con Anna Bartolomei, vedova di Lorenzo Marchesetti. Il De Rin, membro del consiglio comunale, si fece costruire, sopra le strutture delle vecchie case coloniche, con le stesse pietre di arenaria estratte sul posto, una villa sul ciglio della cava che si apre vicino all’ odierna casa per esercizi spirituali “Le Beatitudini”. La villa fu eretta nel 1854 dall’ architetto Domenico Righetti. Il De Rin rilasciò al suo architetto la seguente compiaciuta attestazione: "[…] dichiaro che il Signor Domenico Righetti sia stato l’ inventore e il direttore della mia casa in stile gotico nella mia campagna sita nella contrada odierna di Guardiella, denominata Marchesettia, la quale opera è ricerca di pieno aggradimento, nonchè di ammirazione di quanti intelligenti onorano di loro visita […] 4 novembre 1854". La villa era infatti da ammirare per le sue splendide finestre gotiche ad occhio, i suoi vetri colorati e legati al piombo, i pinnacoli retti e la torretta al centro. All’ interno vi era un salone al primo piano con un caminetto in marmo rosa soffitto a cassettoni ed affreschi di Lorenzo Giuseppe Gatteri. Dopo il 1880 la villa divenne proprietà di Bartolomeo e Paride De Rin, figli di Nicolò, avvocato di Capodistria. Gli eredi De Rin, traslocati in città, non ebbero più la possibilità di mantenere la villa nel suo decoro e la abbandonarono col tempo in uno stato di crescente degrado. Dopo l’ armistizio del settembre 1943 la villa, abbandonata del tutto dai proprietari, venne requisita dai tedeschi che vi stabilirono una importante postazione militare con una dotazione di artiglieria con la quale controllavano dai quattro lati la sottostante città ed il cielo dagli attacchi aerei degli alleati. Nel 1944 i partigiani attaccarono la postazione provocando un incendio che distrusse l’ ala destra ed il salone delle feste dello stabile. Nel 1945 la villa venne occupata da prima dagli jugoslavi che, durante i “quaranta giorni” della loro permanenza a Trieste, vi stabilirono il loro comando, poi dagli inglesi che succedettero nella gestione amministrativa della città. Nel 1954, alla partenza degli alleati, l’ immobile ritornò in possesso delle sorelle eredi De Rin che, nel 1960 per lascito passarono la proprietà alla Curia Vescovile di Trieste la quale cedette la proprietà in uso ai profughi istriani. La villa, secondo il parere iniziale della Soprintendenza alle Belle Arti, non era stata ritenuta degna di essere preservata quale opera architettonica della Trieste mercantile dell’ Ottocento, con il risultato che rapidamente venne depredata di quanto era possibile asportare. Sparirono caminetti, fregi, porte, inferriate, i vetri policromi e perfino quattro stemmi in arenaria che ornavano la facciata. Nel 1975 venne trafugata anche una lapide murata nel muro perimetrale posteriore dell’ ala devastata dal fuoco. La lapide inserita nella muratura all’ epoca della costruzione della villa, ma proveniente da chi sa dove, portava la scritta: “CRISTOFOR / CHALADINO / FECIT.AN.D. / MDLXXXI”
Oggi i ruderi della Villa ottocentesca De Rin, che ancora si vedono sulla montagna al disopra della antica dismessa cava di arenaria dalla vallata di San Giovanni sono stati finalmente sottoposti alla tutela del Ministero delle Belle Arti. Negli anni Novanta la proprietà è stata rilevata dalla famiglia Tomsich che ha provveduto ad una importante opera di consolidamento delle vecchie vestigia della villa e della borgata medioevale nonchè a bonificare l’ adiacente terreno destinandolo all’ utilizzo agricolo di un tempo ripristinando in parte il vecchio vigneto Marchesetti.
Grazie al comune amico ho potuto assaggiare il vino prodotto. E’ davvero ottimo: mi ha colpito in particolare un delizioso Moscato ……. (Testo liberamente tratto dal sito dell’ Azienda Agricola Tomsich Victor).

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