domenica 20 ottobre 2013

Intervista al prof. Livio Poldini

Avevo contattato il professor Livio Poldini per ottenere una intervista, in realtà come si vedrà una volta messo in moto è diventato un fiume in piena.
Sdegno e rabbia nelle sue parole per l'incompetenza dimostrata da chi è deputato a gestire l'ambiente che ci circonda.
L’ho seguita un paio di volte, per esempio in Rio Martesin, mi è rimasto impressa la definizione “metastasi cementifera” che usa spesso. 
Adesso c’è stata la vicenda della Liguria e del Piemonte e da quello che emerge sembra siano dovute non soltanto ma anche a alle costruzioni selvagge.


Non soltanto a questo, c’è anche il cambiamento climatico, la tropicalizzazione del clima, nel senso che ci sono precipitazioni violentissime, concentrate, l’aumento delle temperature aumenta ovviamente l’evaporazione del mare quindi c’è più acqua, c’è una svolta nel clima questo è innegabile, 
il problema è che nonostante questo si continua a non fare prevenzione, da noi non si fa prevenzione ma si passa direttamente alla emergenza. Non esiste il buon governo del territorio!
C’è poi lo spopolamento delle campagne e della montagna, questo è un grosso problema che non si trova in nessuna agenda politica di nessun partito ne di destra ne di sinistra, si tratta di ignoranza bipartisan".
Per cui il problema di fondo è quello di restituire importanza, dignità, presidio alla agricoltura, soltanto l’agricoltore è in grado di fornire una manutenzione capillare della natura, la gestione del territorio giorno per giorno, anno per anno nei dettagli: la cura del bosco, la cura delle acque.
Ci sono anche i lavori pubblici ma questo riguarda i grandi lavori tipo la regimazione di certi torrenti, la messa a punto dei bacini montani e non è pensabile che una popolazione agricola ridotta al 3% come in Italia possa far fronte a questi compiti. 
C’è stato lo spopolamento, l’urbanesimo e la fuga dalle campagne e via dicendo.
La causa di questa fragilità geologica e idrogeologica del Paese è imputabile all’abbandono del territorio e poi l’accanimento cementifero per cui si costruisce sulle sponde dei fiumi e dei torrenti, si restringono le sezioni dei corsi d’acqua.
La “colata cementifera” interessa anche noi ma per fortuna i problemi idrologici sul Carso sono molto minori e quindi non abbiamo timori di esondazioni tranne, e non è piccola cosa, tutta la fascia costiera, delle arenarie sulle quali si sono costruite enormi fondazioni per le varie ville “hollywoodiane” non tenendo in minima considerazione i terrazzamenti, i vari vincoli dei quali non è stato fatto alcun controllo, tutta una concezione dell’urbanistica che va assolutamente corretta, sanata se sarà possibile, ma non c’è nessuna cultura dell’ambiente neanche tra la gente.
Bisognerebbe che intanto questa devastazione venisse bloccata ma servirebbe una politica complessiva: se si bloccano le costruzioni in compenso bisogna procedere al recupero di tutto lo stock edile che abbiamo sotto utilizzato in città, con settemila appartamenti non occupati, con cinquantamila sotto occupati e così via, serve un “piano opere”.
Anche di questo si parla pochissimo e intanto la città rode e corrode pur essendo in calo demografico. 
Questa si chiama sovra crescita urbana per cui si ha una espansione sovradimensionata del cemento a fronte di un calo demografico e ovviamente si va a costruire per quanto riguarda la fascia dell’arenaria, quella che va da Muggia alla Baia di Sistiana interrompendo in questo modo la continuità dei boschi creando in questo modo una frammentazione degli habitat che è un grosso problema ecologico oltre alla distruzione dei gradoni, dei terrazzamenti mentre sul Carso tutta l’edificazione si compie a spese del terreno fertile. 
Non si costruisce sulla roccia ma sui terreni fertili che circondano i paesi che rimane l’unico patrimonio in possesso dell’uomo. 
Questa è un’azione da mentecatti!

Quelle che sono le concessioni edilizie vengono rilasciate consultando degli esperti?  Il “qua si e qua no” ha una logica, una motivazione?


C’è un grosso deficit culturale oltre che politico. 
I piani regolatori dovrebbero migliorare la qualità della vita dei cittadini, invece diventano moltiplicatori del reddito fondiario, le grosse lobby di costruttori edili e di tutto l’indotto determina forti pressioni politiche.
Illy lo aveva dichiarato tranquillamente, quindi sicuramente in buona fede spiegando che il suo piano regolatore di allora serviva anche a dare nuovo spunto e vitalità alla attività edilizia.
Ma l’attività edilizia può essere incrementata anche spingendola verso il recupero del già costruito, se non lo si fa forse dipende dal fatto che le nuove costruzioni “muovono” più capitali e impiegano lavoratori a cui non è richiesta la preparazione necessaria  per esempio a chi deve provvedere alla manutenzione o al recupero dell’esistente che spesso ha un certo valore.
Molti sostengono che tutto questo costruire possa servire anche a riciclare soldi della mafia e d’altra parte è abbastanza inspiegabile il motivo per cui tantissimi appartamenti nuovi possano rimanere tre, quattro anni invenduti, chi è in grado di esporre capitale che non rende nulla? Se così fosse, ad essere buoni si potrebbe definire questa una pessima gestione finanziaria, ma ho l’impressione che non sia così!
Hanno distrutto Opicina, buona parte delle ville e dei parchi. Una grande villa potrà anche dare fastidio per il fatto che ci sia un unico proprietario e quanto ne consegue, ma perlomeno tutti possono godere dell’ossigeno prodotto da quei alberi, quando poi vengono tagliati non rimane nemmeno quella ricaduta positiva per la collettività. 


Pensavo a l’altro anno in agosto
 quando su “Il Piccolo” era apparsa la notizia che il Comune voleva vendere gli 8/9 del parco di villa Cosulich.
Con quella carenza di verde urbano che abbiamo a Trieste si propongono queste cose. 
Per fortuna ci sono i lasciti della Casa d’Austria; Villa Giulia, il Farneto che fino ad ora non sono stati toccati, purtroppo sono lasciati in abbandono e non vengono curati.

Trieste è un città sonnacchiosa e sembra che ai suoi cittadini il suo futuro non interessi anche se fatalmente andrà a incidere sulla qualità del vivere delle generazioni che verranno.
Si sta parlando di ripristini ambientali, quelli che riguardano per esempio la Grande Viabilità Triestina, e le persone più attente, quelle a cui queste informazioni giungono credono si tratti di una buona cosa e invece sono una baggianata pazzesca che paghiamo con fior di quattrini.
La legge prevede che una volta finiti i grandi lavori si facciano dei ripristini di quella che era la copertura vegetale, il ritornare per quanto sia possibile allo stato precedente all’intervento e per quanto riguarda la Grande Viabilità Triestina questa rinaturazione riguarda i margini e le scarpate.
Oppure quello che hanno fatto a Padriciano; otto ettari che sono stati scavati e poi ritombati con materiale di riporto preveniente dalle discariche della zona inferiore, del flish, per cui hanno trasferito questi materiali inerti, questa è la massima snaturalizzazione, prima c’era un paesaggio carsico a campi chiusi, con quinte arboree, muretti e pascoli, perché comincia da Pdriciano fino a Basovizza, quel paesaggio dove il clima è un po’ più freddo non era presente la vite era prevalentemente agro pastorale per cui invece dei terrazzamenti tipici delle zone della costa si sono formati questi grandi prati che ricordano quelli della Normandia e della Bretagna.
Su questo ambiente sono intervenuti con i cosiddetti ripristini  che avrebbero dovuto ripristinare appunto questo tipo di paesaggio, portando questo materiale estraneo che contiene semi di specie infestanti, per cui si è creato un focus che costituirà dei problemi per l’agricoltura circostante.
Questa legge sui ripristini è stata fatta sull’onda ecologica e in linea di principio sarebbe anche giusta, solo che poi per la solita carenza di controlli e per la mancanza di competenza dei “controllori”.
Allo stesso modo hanno riempite di inerti, provenienti dalle aree più basse, un buon numero di cave sul Carso, anche qui innescando la proliferazione di infestanti.
In sintesi non si può chiamare rinaturalizzazione quella che in pratica è una totale alterazione, è una presa in giro.
Una reale rinaturalizzazione avrebbe avuto dei costi mentre invece, creando il problema hanno avuto tre fonti di guadagno:
il primo perché hanno avuto modo di scaricare tutti gli inerti edili e via dicendo, i cosi detti “rudinazzi” portandoli sul Carso invece che in luoghi
destinati allo scopo ma più lontani.
Poi attraverso la vendita alle cave del materiale utilizzabile per fare ghiaia.
E in terzo luogo ricevendo il compenso per i cosiddetti ripristini.
In pratica il cittadino paga, e non sono spiccioli, per procurarsi dei non trascurabili danni ambientali, ma ignorandolo che questo avviene non ne soffre.
Ognuno di noi dovrebbe considerare l’ambiente che ci circonda come una parte della propria casa, ma questo senso di “casa comune” non c’è, questo gap culturale ormai è molto diffuso in Italia, in pratica teniamo la nostra casa tutta pulita e luccicante buttando lo sporco nel terreno de
l vicino.

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